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giovedì 18 aprile 2013

Marini per il Colle: il trionfo della vecchia politica e la Caporetto di Bersani

La vecchia sinistra italiana c'è arrivata con molti anni di ritardo. Il giovane Pd, così giovane che non è mai neanche nato, sembrava averlo capito. Tanto che il segretario democratico e candidato premier - non il finto innovatore Renzi che ha idee più vecchie delle persone che vuole rottamare, ed è tutt'altro che alternativo al liberismo e al berlusconismo, ma una persona perbene come Bersani - l'aveva onestamente detto  all'indomani dell'ennesima delusione elettorale: adesso bisogna voltare pagina, basta con la vecchia politica che ha portato Grillo al 25%.

E invece siamo passati dal governo del cambiamento e dalla disordinata rincorsa al Movimento 5 stelle, all'accordo con Berlusconi e Monti su Marini presidente della Repubblica, riuscendo a rompere con Vendola, gran parte della sinistra e persino con il democristianissimo Renzi. Per di più all'interno di una rosa di candidati che pare comprendesse anche Amato e D'Alema, ovvero il passato remoto della politica italiana.

Da Bersani non me lo aspettavo. E ancora non riesco a capire il senso di una proposta che divide il suo partito, rompe l'alleanza con Vendola, compatta e soddisfa solo la destra affidando sostanzialmente a Berlusconi (ancora lui!) l'ultima parola sul nuovo presidente.  

Ai 5 stelle, messi in difficoltà dalla scelta Boldrini-Grasso per la presidenza delle Camere e già con il fiato corto sulla linea "Grilleggio" dell'isolamento, non deve essere sembrato vero. Grillo fin dall'inizio ha lavorato per l'accordo Pd-Pdl. Ed è bastata la pagliacciata delle "quirinarie" - quattro gatti che hanno votato on line, teleguidati  da Casaleggio - per rimettere il movimento al centro della scena con l'indicazione di un candidato rispettabilissimo, Rodotà, che tutto il centrosinistra potrebbe e forse dovrebbe tranquillamente votare.

Non sono mai stato iscritto al Pd, ma l'ho sempre votato. Con questa scelta, se nulla cambierà, ritengo di aver chiuso anche con il sostegno elettorale. Perchè con Marini, o anche D'Alema o Amato presidente, il Pd rinnega la svolta annunciata e attesa da tutti quelli che in questi anni l'hanno difeso confidando nella nascita, prima o poi, di un moderno partito di una nuova sinistra europea. Perchè troppe volte l'abbiamo dovuto votare turandoci il naso osservando lo schifo di una politica ridotta a difendere gli interessi e i privilegi di pochi invece di quelli del Paese. Perchè ora il Pd diventerà facile preda di Renzi, e per quelli come me cresciuti col motto "non moriremo democristiani" questo non è accettabile.  

Nei gruppi parlamentari del centrosinistra i sì alla proposta Marini sono stati 222, con 90 no e una trentina di astensioni, con Sel che non ha partecipato. Alla prima votazione è andata ancora peggio: metà dei parlamentari del Pd non hanno seguito l'indicazione del leader Pd, i vendoliani hanno votato Rodotà, franchi tiratori ci sono stati anche tra i montiani, solo i berluscones hanno votato compatti Marini. Ma con 521 voti soltanto, 200 e passa meno di quelli potenziali, la candidatura Marini sembra, per fortuna, già morta.

Come se ne esce? Io dico che, o si ricomincia dal "metodo Boldrini e Grasso" con un nome nuovo - che deve essere una figura di rilievo internazionale, che conosca le lingue, indipendente, di specchiata moralità, estraneo agli inciuci - oppure le scelte migliori restano Prodi e Rodotà. Ma anche in questo caso non scommetterei sull'esito. Nei giorni scorsi un senatore solitamente bene informato mi diceva che nel gruppo parlamentare Pd c'erano ben 120 parlamentari contrari alla candidatura di Prodi. Non ci volevo credere.

Chissà se ora Bersani e il suo cerchio magico emiliano l'avranno capita o insisteranno a voler suicidare il Pd. Per ora sono attestati sulla scheda bianca. Con una sola certezza: che ora il segretario democratico, politicamente, è davvero un morto che cammina. E non mi stupirei se arrivassero a ore le dimissioni.  

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