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mercoledì 21 marzo 2018

Pensioni in cumulo: così Inps, Casse autonome e Governo sabotano una legge di elementare equità e giustizia

E' davvero incredibile quello che sta accadendo sul cumulo gratuito dei contributi pensionistici versati a diverse gestioni previdenziali. Il cumulo è legge dal primo gennaio 2017 ma a tutt'oggi, dopo 15 mesi dall'entrata in vigore, non una sola pensione in cumulo è stata ancora pagata. Dopo un lungo tira e molla al ribasso tra l'Inps, l'Inpgi dei giornalisti e le Casse autonome dei professionisti, durato più di un anno e volto a limitare i diritti dei lavoratori e a sterilizzare al massimo gli effetti della legge sui conti degli istituti di previdenza, pareva che, almeno, fosse stato raggiunto tra le parti l'accordo per cominciare finalmente a erogare gli assegni. Invece tutto è tornato in alto mare. E sapete per cosa? Per il costo una tantum di 65,04 euro per la gestione di ciascuna pratica, che l'Inps pretende venga ripartito tra tutti gli Istituti e che le Casse autonome vorrebbero invece a totale carico dell'Inps.

Un gioco indecente sulla pelle dei pensionandi, soprattutto di chi ha perso il lavoro e si trova da tempo senza stipendio e senza pensione: probabilmente le stesse novemila e passa persone che finora hanno presentato domanda di pensione in cumulo (4.781 per il pensionamento di vecchiaia e 4.457 per la pensione anticipata) e buona parte dei 70mila over 60 sui 700mila lavoratori che si stima abbiano contributi versati a diversi enti, che sono quindi potenzialmente interessati al cumulo ma che per l'incertezza e le limitazioni interpretative sull'applicazione della norma non hanno ancora fatto la domanda. In pratica un esercito di nuovi esodati che hanno sperato in quella legge di sacrosanta equità e giustizia che ora rischia di diventare meno conveniente di altri percorsi di accesso alla pensione, come ad esempio la totalizzazione o l'Ape volontario (anticipo pensionistico a pagamento, con mutuo).

Inserito nella legge di Bilancio 2017 grazie a un emendamento presentato dall'onorevole altoatesina Maria Luisa Gnecchi, braccio destro di Cesare Damiano in Commissione lavoro, non ricandidata alle ultime elezioni per fare posto a Maria Elena Boschi, e grazie anche alla iniziativa del sottoscritto e della collega Daniela Binello, che coinvolsero alcuni parlamentari (gli stessi Gnecchi e Damiano, Sandra Zampa, Giorgio Pagliari), la Fnsi le Associazioni Stampa di Roma e dell'Emilia-Romagna per sollecitare la possibilità di cumulare gratuitamente i contributi previdenziali di chi stava maturando o aveva già maturato i requisiti per la pensione senza dover più subire il vergognoso ricatto della "ricongiunzione onerosa" che a tutt'oggi costringe ancora migliaia di lavoratori che hanno versato i contributi a gestioni diverse o separate (ad esempio a Inpgi 1 e Inpgi 2) a doverli ripagare a peso d'oro.

Una volta diventato legge, Inps e Casse autonome fecero buon viso a cattivo gioco per non concedere il cumulo a tutti coloro che ne avrebbero virtualmente avuto diritto. Troppo ghiotto il bottino delle "ricongiunzioni onerose" per potervi rinunciare. Troppe le pensioni da pagare in anticipo sui tempi previsti dall'Inps e dalle Casse autonome, anche se con il meccanismo del pro-rata, con ciascun ente che eroga il pezzo di pensione maturata dal lavoratore, e con assegni più "leggeri". Tanto che l'lnps emise una circolare, avallata dal Governo, che concedeva la pensione in cumulo soltanto con i criteri della Legge Fornero o peggiorativi (66,7 anni per la pensione di vecchiaia, 42 anni e 10 mesi per l'anzianità contributiva) e non con quelli migliorativi previsti dai regolamenti delle diverse Casse autonome (ad esempio i 38 anni di contributi con 62 di età che fino al 2017 bastavano ai giornalisti per poter andare in pensione anticipata, con qualche penalità).

Nonostante tutto questo le pensioni in cumulo sono ancora un miraggio. Dopo una istruttoria infinita, il 20 febbraio scorso Inps e Adepp (l'Associazione delle Casse autonome) presentarono in pompa magna l’accordo raggiunto sulla convenzione che doveva consentire l'erogazione degli assegni già a partire dall'inizio di marzo. Ma ecco che spunta il nuovo casus belli di chi deve pagare i 65,04 euro costi di gestione delle singole pratiche per rinviare ancora. Un costo complessivo stimato di appena 500mila euro per fermare, di nuovo, la partenza del cumulo.

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